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Insonnia da stress e ansia: perché la mente non smette di lavorare

Dormire sembra la cosa più semplice del mondo, finché arriva un periodo di stress e la mente decide di non spegnersi più. Pensieri che corrono, corpo in allerta, frustrazione crescente. In questo articolo esploriamo perché succede, cosa fa il cervello quando sei ansioso e quali strategie possono aiutarti a interrompere il ciclo dell’insonnia.

Ore 3:27.

La stanza è ferma, il mondo dorme, eppure dentro di te c’è movimento. Il cuore corre, il petto è teso, la mente costruisce scenari su scenari. Un dialogo interno continuo, come se qualcuno avesse lasciato tutte le luci accese. Chi soffre di insonnia da stress conosce bene questa scena, e il vero tormento non è solo non dormire, ma sentire la mente che non vuole spegnersi anche quando sei sfinito.

Perché la mente non si spegne quando sei stressato

L’insonnia da ansia non è “essere nervosi”, ma un fenomeno neuropsicologico preciso, con tre meccanismi che si intrecciano e si rinforzano.
1. Il sistema di minaccia resta acceso. Durante periodi di stress prolungato, il cervello interpreta preoccupazioni, scadenze o tensioni relazionali come potenziali minacce. Di giorno riesci a mascherarlo, ma di notte la corteccia prefrontale rallenta la sua attività e il sistema limbico prende più spazio. L’amigdala, l’asse ipotalamo pituitaria surrene e il cortisolo mantengono un livello di allerta incompatibile con il sonno. Il messaggio interno diventa: “Non è sicuro dormire adesso”. (Fonte: LeDoux, 2015, Anxious).
2. La mente entra in modalità problem solving anche se non vuoi. La rete del default mode network si attiva proprio quando il corpo è fermo ma l’emotività è alta. Il cervello tende a rivedere errori, anticipare rischi, immaginare scenari futuri. È un meccanismo evolutivo: pensare serve a proteggerti, ma a letto questo si trasforma in ruminazione. (Fonte: Buckner et al., 2008, Annals of the NY Academy of Sciences).
3. Si crea un’associazione negativa con il letto. Dopo alcune notti difficili, inizi a metterti a letto già agitato. Nel giro di poco il tuo cervello associa automaticamente il letto a pensieri, frustrazione e tentativi di controllo. La CBT-I chiama questo processo conditioned arousal. (Fonte: Perlis et al., 2011).

Si crea un ciclo autoalimentato: lo stress aumenta l’iperattivazione, la mente interpreta il non dormire come un problema da risolvere, e il tentativo di controllare il sonno peggiora la veglia. Non dormi perché sei stressato e ti stressi perché non dormi.

Il ruolo della psicoterapia

La CBT-I e gli approcci ACT aiutano a interrompere questo ciclo riducendo la lotta, non forzando il sonno. Lavorano sul condizionamento negativo con il letto, sulle credenze catastrofiche, sull’arousal fisiologico e sulla ruminazione. Sono ad oggi gli interventi più efficaci non farmacologici per l’insonnia persistente. (Fonte: Morin & Benca, 2012, The Lancet).

Quattro strategie pratiche che funzionano davvero

1. Protocollo dei 20 minuti. Se non ti addormenti entro venti minuti, alzati. Fai qualcosa di semplice e poco stimolante. In questo modo il cervello disimpara a collegare il letto alla ruminazione.
2. Respira espirando più a lungo. 4 secondi inspirando, 6 espirando. L’espirazione lunga riduce la risposta di minaccia e abbassa l’attivazione fisiologica. (Fonte: Lehrer et al., 2020).
3. Rendi visibili i pensieri. Scrivere ciò che continua a tornare in mente riduce il carico della memoria di lavoro e interrompe il ciclo della ruminazione.
4. Proteggi il ritmo circadiano. Vai a letto e svegliati più o meno alla stessa ora, anche nei weekend. La regolarità è uno dei segnali più forti che il cervello usa per stabilizzare il sonno. (Fonte: Czeisler, 1999).

Se l’insonnia dura più di tre settimane o inizia a influenzare umore, concentrazione, prestazioni lavorative o relazioni, è il momento giusto per parlarne con un professionista. La psicoterapia può aiutarti a capire cosa tiene la mente accesa e come permettere al corpo di tornare al suo ritmo naturale.

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